lunedì 22 gennaio 2007

Sovignacco - Sovinjak



Nell’Istria interna ci sono dei luoghi che ricordano gli Appennini dell’Italia centrale. La zona di Sovignacco e’ uno di questi: poco conosciuta, fuori dalle correnti di traffico, anzi bisogna andarci appositamente. Scendendo da Pinguente verso il mare, superato il bivio per Milino Grande si trova alla sinistra una stradina asfaltata che supera con un ponticello il fiume Quieto e inizia a salire per circa 2 km lungo le pendici calcaree, ma coperte di boschi, del colle di Sovignacco. Nelle vicinanze, sotto il “Sasso di Sincino” oggi “grotta del Cucco” iniziava un tempo la foresta di Montona o S.Marco.
Qui nel 1500 esisteva una miniera intitolata S.Pietro, dalla quale si ricavava il vetriolo ed anche Sali di allume e pirite. Ancora oggi nella boscaglia si possono notare cumuli di detriti prodotti nel tempo da tale attività. Le miniera, nella quale operavano numerosi minatori tedeschi, fu abbandonata nel 1583. Al principio del 1600 il doge di Venezia concesse l’autorizzazione allo sfruttamento al veneziano Giovanni Battista Cavaino che l’usò fino alla sua morte. Appena nel1786 l’attività riprese per volontà del veneto Pietro Turrini e quindi passò alla ditta Escher di Trieste. Il centinaio di persone occupate proveniva dai paesi vicini; ciò portò un certo benessere a tutto il territorio.Dopo un ulteriore utilizzo delle scorie negli anni ’30 del nostro secolo, l’attività fu abbandonata del tutto.
La strada si inerpica sul colle, con tornanti e brevi rettilinei, fra una folta boscaglia che lascia pochi spazi all’osservazione del fondo valle; appena al primo bivio a destra, che conduce a Benesi, il panorama si apre e andando verso questo paesetto contadino si può ammirare dall’alto l’orrida bellezza dei precipizi calcarei chiamati “vena” (roccia) dagli antichi Istri. Questi precipitano a valle e formano la gola del Quieto fra le Porte di Ferro e S.Stefano. ora per andare a Benesi c’è una stradina asfaltata di recente che corre fra campi e vigneti; lungo questa strada si ammira sulla destra l’altipiano di Milino che si trova sull’altra sponda del quieto ed alla medesima quota. Benesi è una frazione agricola di poche case in nudo calcare: l’importante panorama spazia dal monte Cella al colle di Sovignacco e si spinge oltre la valle di Pinguente fino al ciglione carsico, sopra Sterpeto. Da Benesi la stradina continua verso ovest in leggera discesa fino al paese di Bazzana dove finisce. Qusto piccolo paese, come Benesi, si trova su un altipiano mosso e tutto coltivato. E’ ancora terreno calcareo e nei punti più aspri vi cresce la quercia. Da Bazzana si apre il panorama sopra la valle del torrente Sirotich che scarica le sue acque nel Quieto presso S.Stefano. Entrambi i villaggi, con le vicine case coloniche di Màieri e di Tucchi, sono immersi in un territorio nel quale sembra che il tempo si sia fermato; gli stessi villaggi sono integri nella pace e nella tranquillità, senza rumori estranei alla natura che li circonda.
Proseguendo nella salita verso Sovignacco, un’altra stradina asfaltata da poco, porta sulla sinistra alle case di Germania, così chiamata forse dagli operai tedeschi che lavoravano nella miniera sottostante. Si arriva poi ad un capitello, a destra del quale una stradina porta al paese di Sirotici situato fra le pendici dove nasce l’omonimo torrente. Dal bivio dove si trova il capitello, si notano le balze, un tempo coltivate, che degradano dalla cima del promontorio su cui è posto Sovignacco a 291m di quota. In cima alla salita inizia il paese e ci si trova subito di fronte alla chiesa parrocchiale di S.Giorgio. il sagrato della chiesa, protetto dal sole dalla chioma di cinque ippocastani, è un belvedere dal quale la vista supera i colli di Milino e di Stridone per seguire le sempre più lontane ondulazioni della valle delBrazzana.
La chiesa romanica, volta ad occidente, si trova sulla strada ed il campanile è attaccato alla facciata ed ai lati forma due portichetti coperti e sorretti da 4 colonne in pietracon capitelli semplici. E’ un edificio di media grandezza, la cui facciata è dipinta in giallo ocra, con due cuspidi ai lati del tetto mentre il campanile che fa parte integrante della facciata mostra le biforesorrette da pilastri in calcare e, sopra, una cuspide veneta è posta su una torre ottagonale. Vicino al campanile, nel XVII secolo fu rinvenuto un sepolcro con spade e pugnali dorati. Fu costruita nel 1577 e l’iscrizione glagolitica che riporta questi dati è stata murata sopra l’entratadel campanile nel 1966. Fu curia sotto la parocchia di Pinguente e la diocesi di Trieste, divenne parrocchia indipendente nel 1645. Nei secoli precedenti appartenne alla diocesi di Pedena. I suio parroci avevano in cura spirituale oltre gli abitanti di Sovignacco anche quelli di Vetta, di Berda e di Segnacco. Sull’altro lato della chiesa, opposto al belvedere, crescono due enormi lodogni, il più grande dei quali è conosciuto come l’albero del consiglio; evidentemente all’ombra di tali piante e sui sedili in pietra che ancora oggi esistono, si svolgevano un tempo le riunioni dello zuppano del villaggio e dei suio consiglieri. Di fronte ai lodogni c’è l’osteria del paese.
Davanti alla chiesa, incima al promontorio ed in posizione preminente, si trova il cimitero con alti cipressi ed è chiamato castel in ricordo dell’antica fortificazione che qui si trovava. Le case di Sovignacco si sviluppano verso la cima del promontorio e sono tutte in calcare, qualcuna intonacata, qualcuna abbandonata dopo la guerra. Dopo la chiesa il terreno scende attraverso un grande spazio racchiuso da basse casette e all’uscita del villaggio si trova l’antica chiesa di S.Rocco, protettore della peste. E’ di costruzione precedente al 1580 poiché in tale data fu vista dal Valier, visitatore apostolico. E’ una piccola chiesetta campestre come ce ne sono tante in Istria, costruita sulla roccia calcarea affiorante, con il bel porticato in pietra calcarea sostenuto da dieci colonnine bombate e comprese di base e capitello.
Sovignacco è un posto particolare nel quale si incontrano i tre elementi che caratterizzano il territorio istriano e cioè il calcare, l’arenaria e la terra rossa. Sulla cima del colle di Sovignacco, il cui nome celtico era Sovinak, in epoca preistorica sorgeva un castelliere dei Subocrini. Ciò è documentato dal ritrovamento di fittili, ornamenti in bronzo e schegge d’osso lavorato. Posto di fronte al Bazzana, in posizione da poter controllare tutta la valle dal torrente Sirotich verso il quieto, venne usato dai Romani che vi eressero una loro postazione. Nulla si conosce dei tempi bui dell’alto medioevo. Venne in possesso del malgravio o marchese d’Istria Ulrico I od Odorico della casa sveva Weimar-Orlamunde nel 1064 per donazione del re Enrico IV.
Questi probabilmente, fece erigere il castello di Sovignacco di cui rimanevano solo rovine già nel secolo scorso. Sul luogo è ubicato il cimitero che ha conservato il nome del castello. Tutto il paese era cinto da mura con due accessi; oggi si possono individuare i resti di queste muraglie protettive nei muri che sostengono il terrapieno del camposanto.
Il figlio del marchese d’Istria Ulrico II , nel 1102 donò tutti i suoi beni istriani, compreso il castello di Sovignacco, alla chiesa d’Aquileia , i cui patriarchi incaricarono un loro gastaldo al governo del territorio; la gastaldia durò fino alla fine del XII secolo. Fu poi dato in feudo a qualche nobile tedesco che assunse il nome così com’era consuetudine a quel tempo.
Del territorio, non grande, della signoria di Sovignacco faceva parte anche Vetta. La prima notizia storica del castello risale al 1277: in un documento del vescovado di Parendo, sta scritto che tale Ottone, signore di Sovignacco, parente dei conti di Gorizia, fu infeudato dal vescovo parentino del castello di Digrignano sul monte Formento, presso Visinada. Nello stesso anno ad Ottone era stato concesso in gastaldia il feudo di Sovignacco dai conti di Gorizia ai quali era stato affidato nel secolo XII dai vescovi aquileiesi. Dopo la sua morte, avvenuta nel1324, il feudo di Sovignacco passo prima ad Erardo di Eberstein, fratello di Federico Eberstein signore di Passo, che aveva sposato Inrighina o Enrichina figlia di Ottone e poi, morto Erardo nel 1341 finì in possesso a Mainardo di Rasch, carinziano, probabile signore di Rachiz o Raccize, che sposò la vedova Inrighina in seconde nozze.
Mainardo, vassallo del conte Alberto IV, conservò il feudo fino alla sua morte, avvenuta sembra nel 1367. Oltre che di Sovignacco, fu signore di Vetta , Semi, Cherbune e Moncalvo. Vendette il castello di Sovignacco ai Schomberg, prima della sua morte. I ministeriali dei conti goriziani, infeudati dai patriarchi d’Aquileia, con la decadenza dell’autorità politica aquileiese, mantennero il ruolo di vassalli dei conti ed esercitarono, in queste piccole signorie private particolari, i loro pieni diritti di sovranità , trascurando gli obblighi verso i patriarchi. Il castello baronale, verso la metà del XIV secolo, fu incorporato nella contea di Pisino ma con un proprio erbario e con amministrazione separata, pur sottoposta ad un governatore chiamato Pfleger; mantenne sempre l’inviolabilità dei propi privilegi e delle consuetudini siglate per iscritto dai conti di Pisino.
Dopo Mainardo di Rasch risulta feudatario il nobile Givanni di Sansenberch o Sanserberg, che cedette alla camera di S.Giorgio di Portole, nel 1375, il molino di Comargnach nella valle di Montona ed il cui stemma di famiglia si trova murato nell’abside del duomo do Pisino. Nel 1374 la Contea, e di conseguenza Sovignacco, passò all’Austria sotto la vigilanza di Ugone VI di Duino e poi dei Walsee, eredi dei Duinati. Sovignacco fu occupata per la prima volta dai Veneziani nel 1421 allorchè questi sottomisero i territori patriarchini. Si ritirarono subito dopo senza aver daneggiato il borgo e le campagne. Sovignacco, nel 1423, risulta essere feudo di Cristoforo Ruespacher, funzionario di corte degli Asburgo. Il castello fu espugnato nel 1463 dalle soldataglie croate guidate da Giovanni Frangipane, conte di Veglia, scese in Istria durante la guerra con l’imperatore Federico III. Il Frangipane devastò Sovignacco e degli abitanti del castello, densamente popolato, rimasero in vita solo 13 persone di cui 2 vedove. Da allora il castello cadde completamente in rovina . Sovignacco compare nell’urbario di Pisino nel 1498 con il nome tedesco di Sovinackh: allora contava 11 famiglie mentre 10 anni dopo erano aumentate a 18. Oggi per numero di abitanti, la situazione non è mutata.
Durante il dominio patriarchino ed ed anche sotto la Contea, i castellani riscuotevano regolarmente le decime, era perciò loro interesse primario sostituire, con coloni transalpini, gli abitanti che venivano a mancare a cause di guerre, pestilenze, carestie e altro. Così le campagne di Sovignacco, furono abitate da famiglie slave trasferitesi dalla Carniola. Fra la popolazione del borgo veniva eletto uno zuppano che amministrava la giustizia nelle istanze minori e riscuoteva le tasse. Lo zuppano di Sovignacco poteva investire nei terreni della comunità le rendite derivate dalle decime. Sovignacco, oltre le decime in granaglie, vino e agnelli, doveva pagare un’imposta fissa supplementare chiamata “desmo” (deriva dal decimo); durante le battute di caccia ,alle quali partecipavano i castellani ed i loro ospiti, il castello doveva dare due uomini per ogni casa. Gli abitanti di Sovignacco però ebbero la soddisfazione di vedere i villici di Vetta spazzare, ogni primo d’agosto, come atto di sottomissione, la piazza e la strada principale del paese da una porta d’acesso all’altra.
Sovignacco fu occupata dai Veneziani nel 1508. Evacuarono il sito l’anno seguente per occuparlo nuovamente nel 1511, comandati dal capodistriano Damiano Tarsia. Il castello fu annesso ufficialmente alla repubblica veneta con la pace di Worms del 1523 e col successivo arbitrato di Trento del 1535. Il suo castello fu fortificato e fece parte da allora, con quelli di Draguccio, Rozzo, Colmo e Vetta, sotto il comando di Pinguente, della linea difensiva veneziana lungo i confini della contea Austriaca di Pisino. Il feudo venne poi assegnato aai Boiani.
Durante la guerra degli Uscocchi, nel 1616, gli Austriaci coadiuvati da bande di irregolari Croati ed Uscocchi comandati rispettivamente dai capitani Jancovich e Vivo, tentarono di conquistare Sovignacco e, per far uscire i difensori dal castello incendiarono i casali circostanti ma furono respinti durante l’attacco finale. Anche durante il governo di Venezia sul territorio, ormai deserto, furono insiedati nuclei famigliari di profughi balcanici provenienti dalle zone sottomesse al potere turco. Tra gli atti conservati ancora oggi, si trovano quelli scritti in caratteri glagolitici dal parroco di Sovignacco, Vido Bolinovich, che ricoprì il ruolo di notaio dal 1589 al 1617. I primi passaggi di proprietà risalgono al 1511, vale dire dopo la conquista veneta, poiché sotto la contea pisinese i contadini, servi della gleba, non potevano disporre di terre. Sovignacco fu veneta per quasi 300 anni, fino alla fine della repubblica nel 1797, poi fu austriaca fino al 1918. Dopo la fine della prima guerra mondiale, Sovignacco e tutta l’Istria venne a far parte del territorio italiano quale regione della “Venezia Giulia” con Trieste capoluogo regionale delle provincie di Gorizia, Fiume e Pola. Nel 1943 la regione subì l’occupazione delle forze armate tedesche, nel 1945 fu occupata dalle forze armate partigiane jugoslave. Coniltrattato di pace di Parigi 1947 l’istria fu spartita fra la jugoslavia e il territorio libero di Trieste. Attualmente dopo la gurrra civile jugoslava Sovignacco fa parte della repubblica Croata 1993.
Alla fine del villaggio di sovignacco si trova un bivio che a destra porta a Berda, a sinistra a S.Donato. Apoco più di 1 km si trova la frazione di Polie di Sovignacco, riparata da un poggio boscoso; la conca di polie e tutta olivi e vigneti ed il villaggetto, sulla sinistra verso nord, mostra le case raggruppate con tutt’attorno grandi abeti e cipressi.

Sovignacco tico taco

chi xe sora xe macaco

chi va fora

va in malora !!

Libri

Foto Sovignacco



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