Il Dialetto Triestino
Triestin.. miga monade!
Il dialetto triestino, abbondantemente parlato anche nei pubblici esercizi e nelle pubbliche amministrazioni, può risultare semplice per gli autoctoni, ma per tutti gli altri è un vero rompicapo. Tanto per cominciare perché i triestini parlano molto velocemente, poi perché c’è un continuo intercalare di espressioni “foreste” dovute al retaggio muticulturale.
Parlare un “buon” triestino è difficile, leggerlo è arduo (bisogna passare dalla parola scritta al suono) ma scriverlo è epico (e quindi non ce ne vorrete a male se abbiamo fatto qualche errore… le intenzioni erano delle migliori).
Cercheremo di dare qualche indicazione, utile (speriamo) per tutti, triestini e non.
Per chi volesse fare esercizio consigliamo i libri di Carpinteri e Faraguna (un po’ troppo istroveneti e poco triestini, a dire il vero…) e la più recente versione della “Divina Commedia” in dialetto triestino di Nereo Zeper.
Cominciamo con la fonetica.
Tanto per cominciare siamo tutti in grado di riconoscere un triestino quando parla in italiano… lo tradiscono gli accenti: quelle vocali apérte (perché, esistono anche quelle chiuse?) non lasciano dubbi. Inoltre lo scivolone linguistico prima o poi è inevitabile…
Tanto per fare un esempio (speriamo non se la prenda)… ma il buon Maldini, ai mondiali, ve lo ricordate????
Le dopie poi… inutili. Se basta una consonante per capirsi, perché volerne pronunciare due? Poi c’è il caso del triestino che per fare bella figura, magari con amici de fora, cerca di mettere le doppie ovunque anche dove non ci sono mai state e non ci saranno mai.
A voler fare i pignoli, le doppie ci sono… ma mute. Sì, proprio così, perché, a dirla tutta, servono a stringere la vocale precedente (anche nel tedesco succede qualcosa di analogo): l’Austria da Trieste non se ne è mai andata del tutto.
Nello scritto però le consonanti ci sono… e questo è un bel problema. Hanno un loro scopo, o almeno così crediamo. La doppia s si usa per indicare s aspra; esemplifichiamo: la parola italiana qualcosa in triestino si scrive qualcossa, dove la doppia s ha un simpatico suono tipo ts (secondo noi tipicamente slavofono… chi conosce lo sloveno capirà cosa intendiamo). Attenzione: all’inizio di parola la s è sempre aspra (esempio non tanto finoto [= non proprio di classe] ma scelto ad uso e consumo dei visitatori: sempio, sera quela scafa! [= sciocco, chiudi la bocca])
Un’eccezione è la parola xe (che significa è, voce del verbo essere)… dato che è l’unico caso in cui si usa la x scritta ma che suona come s, azzardiamo l’ipotesi che lo si faccia per indicare che il suono è più dolce della solita s sibilante di cui sopra.
La doppia z… boh? In ogni caso il suono triestino è sempre duro: lo zaino (z dolce in italiano) diventa el zaino, come se fosse zzaino, per capirsi.
Alle volte la c viene sostituita dalla z… qui non ci sono dubbi sull’influenza slovena, dove la c è una zeta aspra e si legge “zz”, appunto. Quindi, parole come cena, per i triestini si scrivono (e si pronunciano) zena.
Per restare in ambito slavofono, consideriamo il suono sc: il triestino non conosce il dolce suono italiano mentre ha un suono tutto suo, di matrice dell’est appunto, che si rappresenta con s’c. Cerchiamo di spiegarci un po’ meglio per chi di Trieste non è: il suono non scivola via ma si spezza in due suoni aspri (da cui probabilmente, la particolare scelta ortografica): mas’cio [=maschio] si legge mas (come nello spagnolo) e cio (come il ciò italiano).
Al contempo, il gruppo sc della grafia italiana viene ridotto ad s ad inizio parola e a ss all’interno. Esempio di infantile richiamo: la bissa che strissa nell’erba lissa (spiegare come si legge… beh, è chiedere troppo!)
Molto usato è il suono della c palatale (quella iniziale di cioccolata in italiano, di ciol = prendi in triestino). Attenzione però: contrariamente a quanto avviene “in lingua”, la c palatale esiste, ed è comunissima, anche a fine parola. Usatissima in molti cognomi (e in tal caso si scrive ch) non manca neppure nella terminologia di uso comune. La sua ortografia è controversa, noi, continueremmo ad indicarla con il ch, però è abbastanza soggettivo. Un esempio? Ploch o ploc = fanghiglia.
Il gruppo “gli” non dovrebbe esistere, ma con il tempo, almeno ortograficamente, è diventato di uso comune. Resiste la tradizione ancora in parole come meglio, che rimane meio… non osiamo pensare che orrore ci farebbe eser meglio de qualchedun [= essere migliori di qualcuno]… meio meio… la soddisfazione è maggiore.
Il gn invece c’è, sia per i gnochi (e qui la traduzione non serve) che per il gnanca [=nenache]
Fortunatamente la sintassi triestina è piuttosto semplice, anche se un po’ ridondante… abbondano le particelle pronominali ma soprattutto i che: mai lesinare i quando che, dove che, come che, solo che e così via… altrimenti non è triestino.
Di regola anche gli a mi me (esempio: a mi me piasi = mi piace). I complementi di termine, cioè gli “a me”, fioriscono e danno maggior enfasi a tante frasi, anche se il verbo, transitivo, di regola, non prevederebbe l’uso del complemento incriminato. Ma qui la cosa si fa troppo complessa.
Tutta questa abbondanza fa inorridire molti linguisti e grammatici, però toglierla vorrebbe dire snaturare il dialetto.
Ma ben più raccapriccianti sono gli usi, impropri ovviamente, delle voci verbali… un affascinante mistero per i triestini, che hanno rielaborato il tutto a modo proprio.
La vera chicca sono congiuntivi e condizionali, usati… a casaccio. Si sente di tutto di più , cercare di definire una regola è impossibile… proprio per fare i pignoli, diremmo che, statisticamente parlando, l’inversione congiuntivo – condizionale è quella che va per la maggiore (se saria libero, ‘ndassi sicuro = se fossi libero da impegni, vi andrei certamente). Tutte le altre forme sono comunque ben accette.
A sorpresa, il congiuntivo viene invece usato tantissimo: cossa el pensa, che mi sia mona? = crede forse ch’io sia sciocco?)
La cosa più divertente di ogni lingua o dialetto sono quelli che gli anglosassoni chiamano “false friends”, gli insospettabili, quelle paroline che sembrano banali ma che invece…
Cominciamo dal più comune: imparar significa insegnare, imparare viene invece reso con la forma riflessiva del verbo (evidenti i condizionamenti linguistici stranieri). Quindi: la maestra ghe impara (=la maestra gli insegna) ma el se ga beh imparà a scriver (=ha imparato a scrivere bene).
Ancora due esempi (potremmo però andare a vanti a lungo): scovar non vuol dire scoprire ma scopare (perché la scova è la scopa), i muli sono i ragazzi e non i ciuchini (mule al femminile).
Una menzione a parte ci vuole per cior e ciapar: apparentemente sinonimi, si traducono entrambi con prendere, non sono però assolutamente intercambiabili. Noi azzardiamo una spiegazione, perdonateci se stiamo sbagliando: si usa cior quando si prende intenzionalmente un oggetto materiale (go ciolto un gato = ho adottato un gatto), mentre ciapar è per i casi di non intenzionalità (el ga ciapà un bidon = ha preso una fregatura) o di non concretezza (non sta ciapar tropo sol = non esporti eccessivamente ai raggi solari).
Per concludere, una piccola parentesi sulle offese e le male parole, ad uso e consumo dei turisti.
Il triestino non è un dialetto particolarmente raffinato, ve ne sarete già accorti, e le espressioni non proprio garbate abbondano (oltre ad essere molto colorite). La parolaccia per eccellenza è però mona: letteralmente sarebbe l’organo genitale femminile, in realtà si usa con un infinità di accezioni, dal mona puro e semplice (sciocco, scemo ecc.) al va in mona (che tradurremmo con va a quel paese). Retaggio spagnolo? Chissà…
Un consiglio per i visitatori: non datevi troppa pena se venite così apostrofati, magari davanti a un semaforo verde (e voi, in pole position, non siete ancora partiti): un’alzata di spalle e tutto si sistema.
Triestino - Italiano
A
alteraziòn - febbre leggera
amolo - tipo di prugna
andron - atrio del palazzo
angusigolo - tipo di pesce
apalto - tabacchino, rivendita di tabacchi
apoteca - farmacia
àpis - matita
arente / rente - vicino
armelin - albicocca
articioco - carciofo
B
baba - donna, specialmente quelle che chiacchierano tanto
bacuco - persona vecchia e stordita (famoso il termine "vecio bacuco" = vecchio scimunito)
bagolar - andare a zonzo, andare in giro senza meta
bala - stato di ebbrezza etilica
balador - terrazzo
bamberle - stupidotto, scemotto
barba jata - così veniva chiamato il gioco della mosca cieca
baredo - terreno abbandonato a se stesso, incolto e pieno di sterpi (quando una cosa è abbandonata a se stessa e quindi in disordine, si usa dire "xe tuto un baredo")
bartuela - cardine (te salta le bartuele co te va fora co i copi = modo di dire per chi va fuori di senno)
bambàso - ovatta, bambagia
bandaio - lattoniere e idraulico specializzato in lavori in lamiera come i gocciolatoi
bandon - lamiera
basabanchi - bigotto, quello che è sempre in chiesa a pregare (o meglio a fare finta). Prende questo nome per il tipico modo di stare in chiesa accucciato sul banco quasi a baciarlo
basual - sciocco
bavisela - vento leggero
bechèr - macellaio
biava - avena (oggi si usa dire far biava o darse biava per esprimere "fare a botte")
bibiez / bibiezo - lavoro lungo e complicato e magari anche un poco rognoso
bic' - un pochetto, un goccio
bieco - pezzetta anche i grandi soldi di carta
birocio - piccolo calesse
blac - bitume, catrame
blec - pezza, bieco per rattoppare
bobici - mais e in genere tutti i grani dei cereali
brenta - botte ma anche fortuna (te ga un cul come una brenta = hai il sedere come una botte)
britola - coltellino, temperino
brivez - barbiere
borela - boccia
bubez - apprendista, aiutante, garzone (quello che fa tutto al servizio di un superiore)
budel - oltre a budello, anche per camera d'aria spec.delle biciclette
buganze - geloni
buiol - pentolino per bollire
buligar - brontolio della pancia
buriana - burrasca
buzarar - imbrogliare
C
cacabus - scarto oppure argilla
cagafiasche - dicesi di chi ha il sedere basso
cagamiracoli - dicesi di chi ama fare il prezioso
cagarabia - dicesi di persona che si arrabbia molto facilmente e/o è sempre con il broncio
cagoia - lumaca
caìa - tirchio, avaro
caìcio - tipo di barca molto piccola
caiser - "duro" (el xe duro come el caiser) oppure "senza valore"(no'l val un caiser)
oppure anche quel panino rotondo che oggi chiamiamo "rosetta"
o anche "bambino" ma usato come termine spregiativo
calafatà - operaio specializzato nel rivestimento interno dello scafo delle navi
calighèr - calzolaio (v. anche suster )
calìgo - nebbia oppure per esprimere "difficoltà" (sul lavor iera calìgo ma gavemo rivà finir losteso)
calumar - abbassare
calumo - cima in eccesso
camoma - fune usato per persona fiacca e lenta
canapè - divano
capel con l'ongia - berretto con visiera
caponera - pollaio, dicesi anche di casa fatiscente
carega - sedia (termine che tutti conoscono ma pochissimi usano)
chez (dar el chez) - mandare via in malomodo, licenziare (el me ga da el chez = mi ha cacciato, mi ha buttato fuori)
chibizar - curiosare, sbirciare
chifel - panino lungo a forma di mezzaluna, cornetto
chilarsela - prendersela comoda tanto da tirare su il chilo (di peso)
ciapar - prendere, deriva dal cappio
ciapin - molletta o persona sciocca (te son un ciapin)
cicara/cichera - tazzina
cicheto - bicchierino di qualcosa di alcolico (un cicheto de bira)
cioder - raccogliere da terra
ciompo - che funziona male anche per persona goffa
cistar - rubare
cisto - senza soldi o persona non abile nel gioco
clabuc - cappello
clanfa - ferro di cavallo dicesi anche di "scarpa o piede o impronta molto grande"
a volte usato genericamente anche per denominare gli arnesi da scasso come il piede di porco
clanfer - bandaio
clanz - stradina di campagna
clinz / klinz - pene no te capissi un klinz = non capisci nulla no'l fa un klinz = non fa niente
clonzi - scarpacce grosse e rozze
cluca - maniglia
cocal - gabbiano
cocòn - quel modo di raccogliere i capelli che usano fare le donne (=chignòn o crocchio)
cogolo - sasso
cogoma - casalingo per fare il caffè, caffettiera
coionar/cojonar - fare fesso, prendere in giro
colo grosso - persona importante
colomba - cervello (espressione tipica "scavezado in colomba = con il cervello fuso)
coltrine - tende
comato - il collare per i cavalli e i somari (essendo quel collare duro, si usa dire, quando una cosa è dura o quando uno è ubriaco, che "el xe duro comen un comato")
il termine viene usato anche per indicare il collo del cappotto
combinè - sottoveste per signore
comio - gomito (ciaparsela in comio = prendere una cantonata)
compjuter - (neologismo) computer
conzado - sistemato oppure condito
conzàr - sistemare oppure condire (conzàr per le feste = picchiare qualcuno di santa ragione)
conzalastre - vetraio ma famoso una volta era quel conzalastre che veniva anche chiamato l'impiza-distuda-ferai che con un lungo bastone accendeva di sera i fanali (gli antichi lampioni dell'illuminazione pubblica) e di mattina li spegneva, dovendo prima aprire la porticina di vetro del fanale e dopo richiuderla, il tutto sempre con questo bastone lungo. Famosa la canzone del conzalastre le cui strofe recitano:
el conzalastre, caldiere farsore, impiza e distuda ferai (veloce)
el conzalastre, caldiere caldiere farsore, impiza e distuda, impiza e distuda ferai (lento)
copìn - collottola (la parte dietro del collo o del colletto, dove la gatta prende con la bocca i gattini e dove gli esseri umani prendono l'ospite indesiderato prima di sbatterlo fuori a calci in culo
copo - tegola o "te copo"= ti uccido
corame - cuoio
crachi - garrette arti (gambe e braccia); famose le frasi:
distirar i crachi = andare a dormire
e tirar i crachi = morire
cragna - sporco nero
crazola - era quello che in italiano si chiamava raganella, ovvero un attrezzo per fare rumore, un attrezzo di legno con un manico che terminava in una specie di ingranaggio e un listello che batteva sui denti de quest'ultimo come lo si faceva girare. Poi, un po' pervia del tipico rumore e un po' pervia dell'incertezza che girava attorno al suo funzionamento, il termine è passato ad indicare le automobili scassate
crepi - piatti
criel - scolapasta
crodiga - pelle del maiale usata per fare la minestra (buccia di maiale)
si dice crodiga di persona poco onesta
crozole - sandali di legno
oggi si usa definire crozole un paio di scarpe rudi, grosse, pesanti, tozze, vistose
cruco - tedesco
cruziar - tormentare qualcuno
oppure preoccupare (no farme cruziar = non farmi preoccupare)
cruziarse - preoccuparsi (cruziarse l'anima = preoccuparsi tanto)
cucàr - guardare, sbirciare
cucer - autista (v.anche sofer o safer)
cucherle - lo spioncino della porta
cucuruz - granoturco
cudic' - diavolo
cùguluf/cugluf - tipo di panettone con un buco in mezzo
D
daur - culo
dindio - tacchino
discolo - birbante "no far el discolo" non fare il birbante
disfrizer - friggere
dismisiarse - svegliarsi
dispicar - staccare
dremch/trench - l'impermeabile (vestito)
dura - v. bala
E
erbeta/arbeta - barbabietola
F
falisca - scintilla
farsora - padella (quella per far da mangiare, non quella ospedaliera!!!)
feral - fanale, lanterna
fiapo - floscio
fiepa - seme della zucca e del melone
oppure anche la patata (non il tubero però … !!!)
filovia - filobus
flaida - vestaglia, usato anche per dire di un vestito lungo e malconcio
fliche/flichete - soldi/soldini, lirette
flit - insetticida (DDT)
flozca - schiaffo o sculacciata
fogolér - focolaio, dove nelle case di una volta si bruciva la legna per cucinare e per riscaldare
formentòn - mais una volta si usavano le foglie del mais per fare i bigodini
fraier - uomo libero, uomo che non ha nulla da fare, benestante (sicuramente dal tedesco “frei Herr”)
freschìn - puzza di pesce marcio
fritolin - rosticceria di soli prodotti ittici , ristorazione di pesce fritto
frize - rimasugli di frittura del lardo
fulminanti - fiammiferi
G
ganasse - guance
gardèl - cardellino
gargato - gargarozzo, gola
giribìz - capriccio
globìn/glubìn - lucido per scarpe
gloriet - gazebo
gnampolo - sempliciotto, scemottoo (in senso benevolo ed affetuoso usato per i bambini) in pratica uno scemo che dorme in piedi
gòlas - spezzatino di carne, stufato di carne
gorna - grondaia
grembano - sasso ma anche persona goffa
pl. grembani strada dissestata (son 'nda con l'auto pei grembani)
grìes - semolino
gringola - eleganza
grua - gru
(el) gua - arrotino
guato - "ghiozzo", tipo di pesce
I
imbombì - intriso, zuppo
imborezà - eccitato, arrapato
imbugnido - otturato (el lavandin imbugnido = il lavello otturato)
incandì - dalle reazioni torbide per il freddo o altro
incicararse - ubriacarsi
indindià - dicesi dell'uovo di tacchino fecondato
indivia - verdura come la cicoria
indormio - sonnifero, anestesia
infinocià/infenocià - persona che è stata convinta in qualche imbroglio, come dir inzinganà
infinociar/infenociar - gabbare
ingalà - propriamente dicesi dell'uovo di gallina fecondato
ma usato anche per indicare una persona galvanizzata da qualche evento o semplicemente canterina da effetto etilico
instalador - idraulico
intardighirse - fare tardi
inzinganà - persona che è stata raggirata
inzinganar - tentare di raggirare qualcuno
inzumbà - bagnato, inzuppato, v. imbombì solo riferito a cose piuttosto che a persone
J
jazado/jazà - ghiacciato
jazar - ghiacciare iera tanto fredo che se ga jazà un muss = modo di dire per esprimere un freddo glaciale, è infatti nota la resistenza al freddo del somaro.
jazo - ghiaccio
L
lais - pidocchio
lavandera - lavandaia (quella che faceva la "lissia" ossia il bucato)
(v. servizio)
làvarno/làverno - alloro
lecherle - lecchino (dispregiativo come "leccaculo" o peggio ancora "can de lecherle")
lepi - le cispe degli occhi
limpida - grappa
lissia - bucato (v. sopra "lavandere")
lofio - che non serve a nulla o rotto, guasto o brutto o stupido, scemo
loica - tiritera, discorso lungo e noioso
lola - sbornia
lole - scemo
longa - organo sessuale maschile
ludame - letame
ludro farabutto, furfante
luganiga - salsiccia (propabilmente da lucania, zona dove in antichità si producevano le migliori salsicce)
M
macaco - iel macaco è un tipo di scimmia ma in triestino lo si usa per dire "scemo" (anche macacovez o macacovic' )
magagna - fastidio, acciacco. Te son pien de magagne
malagrazia - dispetto, cattiveria oppure "farghe la malagrazia" o "darghe una malagrazia" = fargli la fattura
malandrin - farabutto, furfante
mamolo/mamola - fidanzato/fidanzata
mamulo - ragazzotto
mandriol - maggiolino famoso un ritornello popolare che recita sulle note dell'opera "Wien bleibt Wien": "molighe el fil che'l svoli, quel mandriol peloso ..."
marangòn - falegname
marcantogno - persona grande e grossa
Marco Caco - vecchissimo, fuori moda (anche Marco Sventola)
marmaia - tanta gentaglia, gruppo di monelli
marogna - scarto
matavilz - "valerianella" una verietà della pianta della valeriana
mela - grosso mozzicone di sigaretta, sigaretta spenta ma fumada poco
memele - merda
mendaressa - antico mestiere della rammendatrice, sarta specializzata
meza lana un bicchiere con metà vino bianco e metà vino nero
usato anche un pò come a Roma si usa il termine coatto
meza menola - persona magra, mingherlina
mezanosa - cappello a bombetta
meza vigogna - cosa di scarso valore o persona mediocre
mignognole - moìne
mincionar - prendere in giro
mismas - miscuglio, anche cocktail
mistro - mastro
mistro de fero - fabbro
monighela - il due di spade (che si differenzia dal "do de cope" che invece è quello che ti da una donna quando ti liquida e non si becca più el "do de spade")
montura - divisa
morbin - allegria, buon umore (fin che dura la gioventù, dura el morbin)
mufo - giù di corda
musina - salvadanaio
mussato - zanzara
mussolo - mollusco bivalve ( v.servizio )
N
nagana - principalmente è la fiacca, la stanchezza (gaver nagana), ma si usa anche per indicare quel tipo di persone che i romani definiscono coatta
nane - persona sempliciotta si dice anche Nane Buseca
napa - la cappa sopra il focolaio (oggi sopra il piano cottura)
si usa dire che uno ha la napa quando ha un grosso naso
nonzolo - il servo del prete, sagrestano, chierichetto
oppure per persona scema e che fa tutte le sciocchezze gli vengono dette di fare
O
ocagine - stupidità
oieto - radicchio di primo taglio, piccolo piccolo
ombolo - lombo
orbitolo - serpentello meglio conosciuto come "orbettino"
orzar - bastonare qualcuno, picchiare
osmiza - osteria di campagna
osso rabioso - tibia, così chiamato perchè causa una grossissima arrabiatura per il fastidioso ed intenso dolore che causa quando viene colpito.
o malleolo, così definito in quanto rappresenta la parte del colpo che colpisce il sedere del malcapitato (di solito un bimbo) che ha causato una arrabbiatura al genitore.
otavo - tipico bichiere dove si serve il vino sfuso (da 1/8)
P
pagnerol - passero
paiola - forfora
palesar - raccontare
pampalugo - sciocco, scemo
pandolo - anche se oggi viene usato quasi esclusivamente per indicare l'organo maschile, il "pandolo" in verità è un gioco fatto con due bastoni, un lungo e l'altro corto; al corto vengono fatte le punte da ambo le parti; per giocare si mette il bastone corto a terra e lo si colpisce con il bastone lungo per farlo saltare cosicché quando è in aria gli si da un colpo al volo. Vince chi lo lancia più lontano.
pandùr - quei mascheroni che venivano messi sopra le porte a simbolica difesa (in ungherese pandùr significa soldato)
pantalena piccolo mollusco che si attacca sugli scogli, col guscio a forma di piattello, molto frequente sugli scogli dell'Istria
papussa/papuza - sost.: ciabatta verbo: va via ! (imperativo)
pardesus - soprabito
pareciar - apparecchiare
parecio - servizio di piatti
patacarse - sporcarsi il vestito durante il pasto
patacòn - grossa moneta, grossa patacca senza valore
usato anche per indicare un qualcosa di brutto, inutile ed ingombrante allo stesso tempo
pataf - sberla
patoc/potoc - rigagnolo, fiumiciattolo, rio
paver - stoppino
pec/pek - panettiere
perlina - scaldaacqua per la cucina
pesterna - bambinaia, oggi si potrebbe usare per le baby sitter
pesternar - sbracciare un bimbo per farlo addormentere
petès - bibita alcolica ma scadente
petessòn/petessèr - uno che ama bere tanto alcol, ubriacone
pezòto - vestito scadente
picapiere - scalpellino ( v.servizio )
pimpinela - coccinella dicesi anche di persona insulsa, scema
pio-pio/pipiu - paura, fifa
piria - imbuto dicesi anche dell'ubriacone (el xe una piria = è un ubriacone)
pirola - pillola, pastiglia
pirulik - piccolo tappo, tipo quello per la camera d'aria della bicicletta
pirulichi - lanuggine, filamenti di polvere
pisdrul/pizdrul termine afettuoso per dire bambino piccolo, bambinello
pissiol/piziol - ceci
pitèr - vaso per fiori e piante
pitima - persona che si demoralizza facilmente o che rompe insistentemente le scatole
pitocar - chiedere l'elemosina
pitoco - spilorcio
plafòn - soffitto, tetto
plis - felpa
ploc' - pozzanghera o pozza di acqua e fango
plucia - polmone
pluzer/plutzer/pfluzer - borsa dell'acqua calda
provianda - provvista, scorta
puina - ricotta
pulto - pulpito o scrivania
Q
quartier - appartamento
R
rafa - sporco, sporcizia
rampigamuri - bibita composta per metà da grappa e per l'altra metà da vino bianco
ranfàr/rafar - rubare
ranglò/ronglò - tipo di susina, prugna
raspàr - levigare ma anche rubare
ratapalz - randello
remenar - prendere in giro
remenela - dicesi di persona che si diverte a prendere in giro
remitur - gran fracasso o stanza in gran disordine
deriva dal francese "demi tur" che era un comando dato ai soldati i quali per eseguirlo con tutto il loro armamentario provocavano un gran fracasso.
renga - arringa
repete - di nuovo
ribaltavapori - linguella, tipo di pesce molto piccolo
rochel - rochetto del filo da cucito
rochete - fuochi d'artificio
rodoleto - tipo di tramezzino con una o due fette di prosciutto
rodoleto de limpida - grappa servita nel tipico bicchierino piccolo e rotondo
rosignol - usignolo
ruc' - spinta
rucàr - spingere
rucsac/rusac/russac - zaino
S
saiba - rondella di ferro col buco che si usa per mettere sotto la vita prima di stringerla col dado
(un simpatico modo di dire è "el se ga meso la saiba al dito" cioè "si è messo la saiba al dito" per dire "si è sposato")
sacheto - giacca
saliscendi - ascensore
sanza - collina
sariandola - lucertola
sbafada - mangiata voracemente
sbrindolo - il pezzo di spago che avanza dal nodo, brandello
sbriso - trasandato
sbrovà - scottato ustionato
sbrodigar - pastrocchiare, fare un intruglio
sbrodighez - intruglio, pastrocchio
sbrufador - annaffiatoio
sbruma - impasto di pane e teste di pesce che si butta in mare per attirare il pesce
sburto - sporto della finestra
scafa - lavabo della cucina, acquaio
si usa dire che uno ha una "scafa" quando ha una bocca molto larga, molto grande
scagòt - cacarella
scavezzà - storto, rotto
schinco - stinco
s'cinca - bilia per ragioni poco chiare anche ebbrezza
na s'cinca e un botòn = come dire poco nulla
do s'cinche e un botòn = un pugno di mosche
s'ciipauca - molletta, fermacarte
scroc - serratura
scufia - berretto, cuffia
scuria - frusta
sghiribiz/schiribiz - scarabocchio ma anche idea
selegato - passerotto
sèleno - sedano
sèsola - quel cucchiaio ampio che serve per estrarre dai sacchi i piselli, i fagioli, ecc.
sfoio - giornale
sgarar - sbagliare
sgnanfo - persona che parla con voce nasale
siba - stecchetto di lagno, rametto, bacchetta
oggi, nel parlare comune, si usa dire "tirar una siba" per indicare un tiro oun colpo molto forte
sifon - acqua frizzante, selz
sina - rotaia
sinter accalappiacani (famoso il pezzo della canzone "Teresute" che recita: "jera el sinter de Gropada")
sisola - giuggiola
slaif - freno o anche roba di poco valoreo anche donna di facili costumi
slavazòn - acquazzone
slepa - oltre che sberla e grossa fetta, significa anche spighetta
sligoviz - acquavite di prugne
slonz - quantità indefinita di una bibita
slucm - sorso
smir - grasso
smonarse - annoiarsi
sofèr/safèr - autista (v.anche cucer)
sopressar - stirare
sortir - andare fuori, uscire
spacher/sparcher - cucina economica, anticamente focolaio
spagnoleto - sigaretta
spetime-un-poco - zolfanelli
spoianegà - disperato
spriz - vino ed acqua frizzante
squasi - quasi
stagnaco - secchio
stagno - (aggettivo) dicesi di cosa a tenuta stagna
staufer - ferro per il caminetto
stifel - quel grande bicchiere per la birra a forma di stivale
stifelpuzer - lustrascarpe
strafanic - aggeggio, soprammobile, attrezzo inutile e malconcio
deriva da "extra fanicula" cioè ex voto che si appendeva fuori dai templi, scritti su stoffa che con le intemperie si logoravano inevitabilmente
stramazo - materasso
strambizar - fare o dire stramberie
straco - stanco
stramazo - materasso
strauss - persona ridicola e vestita male, persona balorda
strazacavei - il frutto della lappola, che prende questo nome in quanto piccolo ed acuminato si incastra facilmente tra i capelli dei bambini intenti a giocare nelle campagne o nei prati
strofal - persona maleducata
stropacui - un tipo di bacche rosse selvatiche
stropolo - tappo si dice stropolo anche ad un bambino piccolo o ad un animaletto
stropòn - grosso tappo
strucar - spremere, strizzare
strussiar - lavorare duro
stufadiz - persona che si scoccia facilmente persona noiosa
stupini - bigodini fatti con le foglie del mais
subioto - fischietto ma anche tipo di pasta corta
suf/zuf - miscuglio di latte e farina
si usa dire "te ga fato tuto un suf" per esprimere "hai fatto un gran caos"
suro - sughero
suster - calzolaio v. anche caligher
T
tabàro - cappotto far tabaro: avere un aspetto malaticcio taiar tabari: sparlare
picatabari - appendiabiti
tacomaco - persona attaccaticcia e noiosa
oppure adesivo o cerotto
oppure grosso stemma (tipo i tacomachi che hanno i generali sulla divisa)
talpòn - pioppo dicesi di persona senza grazia e senza delicatezza alcuna
tamìso - setaccio
tampagno dado per vite
tarlis/tarliss - stoffa di jeans, (braghe de tarlis = pantaloni jeans)
tazà - il pesto genericamenta anche l'aggettivo tagliuzzato
tazadora - impasto di prezzemolo, aglio e lardo anche dentiera
tazar - fare a pezzettini
tazar l'anima - attività squisitamente muliebre che di solito comincia subito dopo il matrimonio (e certe volte anche un poco prima) e poi va avanti, avanti, avanti...
telér - intelaiatura di porte e finestre
tira-mola - noioso adirivieni chewing-gum
traversa - grembiule
tocio - sugo
togna/tonia - lenza per pescare a mano
tontonar - dire e ridire sempre la stessa cosa
torziolo/torziolòn - persona che va sempre in giro
tranvai - tram ( v.servizio )
trench/drench - l'impermeabile (vestito)
tresso - traverso
pezzo di legno messo di "traverso" per tenere più rigidi e deritti altri due pezzi paralleli ossia el treso è quel pezzo orrizzontale tra le gambe della sedia dove di solito se usa appoggiare il piede
è famoso il modo di dire "me xe 'ndà per treso" quando il cibo va di traverso
tripa - In piatto: trippa.
Dopo: stomaco e sottostomaco di uomo di mezza età
trombini - stivali in gomma per la pioggia
troso - sentiero di campagna
tubili - persona stupidina e un pò vanesia
tululù - scemo
tumbano - scemo, ignorante
tuss - inchiosto di china
U
ùa - uva
ugnolo - singolo
V
verùl - letteralmente porcello ma si usa soprattutto per persona stupida
è il diminutivo di viru o vèru che in ladino significa porco
vaneza/vanesa - aiuola o pezzo di terra lavorata, maneggio
venderigola - venditrice di frutta e verdura ( v.servizio )
visavì - di fronte
viz -- battuta di spirito
voliga - rete a sacco per prendere i pesci o i totani
Z
zacagnà - rovinato, strapazzato
zampìn - mancino, persona mancina
zavai - grande confusione (da questo termine nasce il vocabolo zavaion per zabaione)
zentinere - centinaia
zibiba - uvapassa
zigala - cicala
zigalòn - che grida sempre oppure i colori zigalòni sono i colori forti e di poco gusto che attirano l'attenzione
zima - cima (z dura, di zurlo)
zima - freddo (z dolce di zio)
zimise - cimice
zinzolar - dondolare, ciondolare
zoco - pezzo di legno (famoso il detto "duro come un zoco" per indicare una cosa molto dura)
zufolà/zufolado - spettinato
zurlo - è l'antico nome della trottola e si dice anche di persona scemotta
CONCLUSIONI
Leggendo la lista qui sopra, qualche triestino avrà sicuramente trovato parole da lui conosciute e magari anche abitualmente usate. Certamente sarà anche vero che moltissime parole erano a lui sconosciute o perlomeno non usate con frequenza.
Quindi considerate che in questa lista potrete trovare di tutto visto che ci sono ancora tanti a Trieste che non sanno neanche cosa sia un "cocal" o una "cogoma" o che tempo fa quando "xe caligo" !!!
Saludo.