giovedì 14 giugno 2007

Il Dialetto Triestino


Triestin.. miga monade!

Il dialetto triestino, abbondantemente parlato anche nei pubblici esercizi e nelle pubbliche amministrazioni, può risultare semplice per gli autoctoni, ma per tutti gli altri è un vero rompicapo. Tanto per cominciare perché i triestini parlano molto velocemente, poi perché c’è un continuo intercalare di espressioni “foreste” dovute al retaggio muticulturale.

Parlare un “buon” triestino è difficile, leggerlo è arduo (bisogna passare dalla parola scritta al suono) ma scriverlo è epico (e quindi non ce ne vorrete a male se abbiamo fatto qualche errore… le intenzioni erano delle migliori).

Cercheremo di dare qualche indicazione, utile (speriamo) per tutti, triestini e non.

Per chi volesse fare esercizio consigliamo i libri di Carpinteri e Faraguna (un po’ troppo istroveneti e poco triestini, a dire il vero…) e la più recente versione della “Divina Commedia” in dialetto triestino di Nereo Zeper.

Cominciamo con la fonetica.

Tanto per cominciare siamo tutti in grado di riconoscere un triestino quando parla in italiano… lo tradiscono gli accenti: quelle vocali apérte (perché, esistono anche quelle chiuse?) non lasciano dubbi. Inoltre lo scivolone linguistico prima o poi è inevitabile…

Tanto per fare un esempio (speriamo non se la prenda)… ma il buon Maldini, ai mondiali, ve lo ricordate????

Le dopie poi… inutili. Se basta una consonante per capirsi, perché volerne pronunciare due? Poi c’è il caso del triestino che per fare bella figura, magari con amici de fora, cerca di mettere le doppie ovunque anche dove non ci sono mai state e non ci saranno mai.

A voler fare i pignoli, le doppie ci sono… ma mute. Sì, proprio così, perché, a dirla tutta, servono a stringere la vocale precedente (anche nel tedesco succede qualcosa di analogo): l’Austria da Trieste non se ne è mai andata del tutto.

Nello scritto però le consonanti ci sono… e questo è un bel problema. Hanno un loro scopo, o almeno così crediamo. La doppia s si usa per indicare s aspra; esemplifichiamo: la parola italiana qualcosa in triestino si scrive qualcossa, dove la doppia s ha un simpatico suono tipo ts (secondo noi tipicamente slavofono… chi conosce lo sloveno capirà cosa intendiamo). Attenzione: all’inizio di parola la s è sempre aspra (esempio non tanto finoto [= non proprio di classe] ma scelto ad uso e consumo dei visitatori: sempio, sera quela scafa! [= sciocco, chiudi la bocca])

Un’eccezione è la parola xe (che significa è, voce del verbo essere)… dato che è l’unico caso in cui si usa la x scritta ma che suona come s, azzardiamo l’ipotesi che lo si faccia per indicare che il suono è più dolce della solita s sibilante di cui sopra.

La doppia z… boh? In ogni caso il suono triestino è sempre duro: lo zaino (z dolce in italiano) diventa el zaino, come se fosse zzaino, per capirsi.

Alle volte la c viene sostituita dalla z… qui non ci sono dubbi sull’influenza slovena, dove la c è una zeta aspra e si legge “zz”, appunto. Quindi, parole come cena, per i triestini si scrivono (e si pronunciano) zena.

Per restare in ambito slavofono, consideriamo il suono sc: il triestino non conosce il dolce suono italiano mentre ha un suono tutto suo, di matrice dell’est appunto, che si rappresenta con s’c. Cerchiamo di spiegarci un po’ meglio per chi di Trieste non è: il suono non scivola via ma si spezza in due suoni aspri (da cui probabilmente, la particolare scelta ortografica): mas’cio [=maschio] si legge mas (come nello spagnolo) e cio (come il ciò italiano).

Al contempo, il gruppo sc della grafia italiana viene ridotto ad s ad inizio parola e a ss all’interno. Esempio di infantile richiamo: la bissa che strissa nell’erba lissa (spiegare come si legge… beh, è chiedere troppo!)

Molto usato è il suono della c palatale (quella iniziale di cioccolata in italiano, di ciol = prendi in triestino). Attenzione però: contrariamente a quanto avviene “in lingua”, la c palatale esiste, ed è comunissima, anche a fine parola. Usatissima in molti cognomi (e in tal caso si scrive ch) non manca neppure nella terminologia di uso comune. La sua ortografia è controversa, noi, continueremmo ad indicarla con il ch, però è abbastanza soggettivo. Un esempio? Ploch o ploc = fanghiglia.

Il gruppo “gli” non dovrebbe esistere, ma con il tempo, almeno ortograficamente, è diventato di uso comune. Resiste la tradizione ancora in parole come meglio, che rimane meio… non osiamo pensare che orrore ci farebbe eser meglio de qualchedun [= essere migliori di qualcuno]… meio meio… la soddisfazione è maggiore.

Il gn invece c’è, sia per i gnochi (e qui la traduzione non serve) che per il gnanca [=nenache]

Fortunatamente la sintassi triestina è piuttosto semplice, anche se un po’ ridondante… abbondano le particelle pronominali ma soprattutto i che: mai lesinare i quando che, dove che, come che, solo che e così via… altrimenti non è triestino.

Di regola anche gli a mi me (esempio: a mi me piasi = mi piace). I complementi di termine, cioè gli “a me”, fioriscono e danno maggior enfasi a tante frasi, anche se il verbo, transitivo, di regola, non prevederebbe l’uso del complemento incriminato. Ma qui la cosa si fa troppo complessa.

Tutta questa abbondanza fa inorridire molti linguisti e grammatici, però toglierla vorrebbe dire snaturare il dialetto.

Ma ben più raccapriccianti sono gli usi, impropri ovviamente, delle voci verbali… un affascinante mistero per i triestini, che hanno rielaborato il tutto a modo proprio.

La vera chicca sono congiuntivi e condizionali, usati… a casaccio. Si sente di tutto di più , cercare di definire una regola è impossibile… proprio per fare i pignoli, diremmo che, statisticamente parlando, l’inversione congiuntivo – condizionale è quella che va per la maggiore (se saria libero, ‘ndassi sicuro = se fossi libero da impegni, vi andrei certamente). Tutte le altre forme sono comunque ben accette.

A sorpresa, il congiuntivo viene invece usato tantissimo: cossa el pensa, che mi sia mona? = crede forse ch’io sia sciocco?)

La cosa più divertente di ogni lingua o dialetto sono quelli che gli anglosassoni chiamano “false friends”, gli insospettabili, quelle paroline che sembrano banali ma che invece…

Cominciamo dal più comune: imparar significa insegnare, imparare viene invece reso con la forma riflessiva del verbo (evidenti i condizionamenti linguistici stranieri). Quindi: la maestra ghe impara (=la maestra gli insegna) ma el se ga beh imparà a scriver (=ha imparato a scrivere bene).

Ancora due esempi (potremmo però andare a vanti a lungo): scovar non vuol dire scoprire ma scopare (perché la scova è la scopa), i muli sono i ragazzi e non i ciuchini (mule al femminile).

Una menzione a parte ci vuole per cior e ciapar: apparentemente sinonimi, si traducono entrambi con prendere, non sono però assolutamente intercambiabili. Noi azzardiamo una spiegazione, perdonateci se stiamo sbagliando: si usa cior quando si prende intenzionalmente un oggetto materiale (go ciolto un gato = ho adottato un gatto), mentre ciapar è per i casi di non intenzionalità (el ga ciapà un bidon = ha preso una fregatura) o di non concretezza (non sta ciapar tropo sol = non esporti eccessivamente ai raggi solari).

Per concludere, una piccola parentesi sulle offese e le male parole, ad uso e consumo dei turisti.

Il triestino non è un dialetto particolarmente raffinato, ve ne sarete già accorti, e le espressioni non proprio garbate abbondano (oltre ad essere molto colorite). La parolaccia per eccellenza è però mona: letteralmente sarebbe l’organo genitale femminile, in realtà si usa con un infinità di accezioni, dal mona puro e semplice (sciocco, scemo ecc.) al va in mona (che tradurremmo con va a quel paese). Retaggio spagnolo? Chissà…

Un consiglio per i visitatori: non datevi troppa pena se venite così apostrofati, magari davanti a un semaforo verde (e voi, in pole position, non siete ancora partiti): un’alzata di spalle e tutto si sistema.



Triestino - Italiano


A

alteraziòn - febbre leggera

amolo - tipo di prugna

andron - atrio del palazzo

angusigolo - tipo di pesce

apalto - tabacchino, rivendita di tabacchi

apoteca - farmacia

àpis - matita

arente / rente - vicino

armelin - albicocca

articioco - carciofo


B

baba - donna, specialmente quelle che chiacchierano tanto

bacuco - persona vecchia e stordita (famoso il termine "vecio bacuco" = vecchio scimunito)

bagolar - andare a zonzo, andare in giro senza meta

bala - stato di ebbrezza etilica

balador - terrazzo

bamberle - stupidotto, scemotto

barba jata - così veniva chiamato il gioco della mosca cieca

baredo - terreno abbandonato a se stesso, incolto e pieno di sterpi (quando una cosa è abbandonata a se stessa e quindi in disordine, si usa dire "xe tuto un baredo")

bartuela - cardine (te salta le bartuele co te va fora co i copi = modo di dire per chi va fuori di senno)

bambàso - ovatta, bambagia

bandaio - lattoniere e idraulico specializzato in lavori in lamiera come i gocciolatoi

bandon - lamiera

basabanchi - bigotto, quello che è sempre in chiesa a pregare (o meglio a fare finta). Prende questo nome per il tipico modo di stare in chiesa accucciato sul banco quasi a baciarlo

basual - sciocco

bavisela - vento leggero

bechèr - macellaio

biava - avena (oggi si usa dire far biava o darse biava per esprimere "fare a botte")

bibiez / bibiezo - lavoro lungo e complicato e magari anche un poco rognoso

bic' - un pochetto, un goccio

bieco - pezzetta anche i grandi soldi di carta

birocio - piccolo calesse

blac - bitume, catrame

blec - pezza, bieco per rattoppare

bobici - mais e in genere tutti i grani dei cereali

brenta - botte ma anche fortuna (te ga un cul come una brenta = hai il sedere come una botte)

britola - coltellino, temperino

brivez - barbiere

borela - boccia

bubez - apprendista, aiutante, garzone (quello che fa tutto al servizio di un superiore)

budel - oltre a budello, anche per camera d'aria spec.delle biciclette

buganze - geloni

buiol - pentolino per bollire

buligar - brontolio della pancia

buriana - burrasca

buzarar - imbrogliare


C

cacabus - scarto oppure argilla

cagafiasche - dicesi di chi ha il sedere basso

cagamiracoli - dicesi di chi ama fare il prezioso

cagarabia - dicesi di persona che si arrabbia molto facilmente e/o è sempre con il broncio

cagoia - lumaca

caìa - tirchio, avaro

caìcio - tipo di barca molto piccola

caiser - "duro" (el xe duro come el caiser) oppure "senza valore"(no'l val un caiser)
oppure anche quel panino rotondo che oggi chiamiamo "rosetta"
o anche "bambino" ma usato come termine spregiativo

calafatà - operaio specializzato nel rivestimento interno dello scafo delle navi

calighèr - calzolaio (v. anche suster )

calìgo - nebbia oppure per esprimere "difficoltà" (sul lavor iera calìgo ma gavemo rivà finir losteso)

calumar - abbassare

calumo - cima in eccesso

camoma - fune usato per persona fiacca e lenta

canapè - divano

capel con l'ongia - berretto con visiera

caponera - pollaio, dicesi anche di casa fatiscente

carega - sedia (termine che tutti conoscono ma pochissimi usano)

chez (dar el chez) - mandare via in malomodo, licenziare (el me ga da el chez = mi ha cacciato, mi ha buttato fuori)

chibizar - curiosare, sbirciare

chifel - panino lungo a forma di mezzaluna, cornetto

chilarsela - prendersela comoda tanto da tirare su il chilo (di peso)

ciapar - prendere, deriva dal cappio

ciapin - molletta o persona sciocca (te son un ciapin)

cicara/cichera - tazzina

cicheto - bicchierino di qualcosa di alcolico (un cicheto de bira)

cioder - raccogliere da terra

ciompo - che funziona male anche per persona goffa

cistar - rubare

cisto - senza soldi o persona non abile nel gioco

clabuc - cappello

clanfa - ferro di cavallo dicesi anche di "scarpa o piede o impronta molto grande"
a volte usato genericamente anche per denominare gli arnesi da scasso come il piede di porco

clanfer - bandaio

clanz - stradina di campagna

clinz / klinz - pene no te capissi un klinz = non capisci nulla no'l fa un klinz = non fa niente

clonzi - scarpacce grosse e rozze

cluca - maniglia

cocal - gabbiano

cocòn - quel modo di raccogliere i capelli che usano fare le donne (=chignòn o crocchio)

cogolo - sasso

cogoma - casalingo per fare il caffè, caffettiera

coionar/cojonar - fare fesso, prendere in giro

colo grosso - persona importante

colomba - cervello (espressione tipica "scavezado in colomba = con il cervello fuso)

coltrine - tende

comato - il collare per i cavalli e i somari (essendo quel collare duro, si usa dire, quando una cosa è dura o quando uno è ubriaco, che "el xe duro comen un comato")
il termine viene usato anche per indicare il collo del cappotto

combinè - sottoveste per signore

comio - gomito (ciaparsela in comio = prendere una cantonata)

compjuter - (neologismo) computer

conzado - sistemato oppure condito

conzàr - sistemare oppure condire (conzàr per le feste = picchiare qualcuno di santa ragione)

conzalastre - vetraio ma famoso una volta era quel conzalastre che veniva anche chiamato l'impiza-distuda-ferai che con un lungo bastone accendeva di sera i fanali (gli antichi lampioni dell'illuminazione pubblica) e di mattina li spegneva, dovendo prima aprire la porticina di vetro del fanale e dopo richiuderla, il tutto sempre con questo bastone lungo. Famosa la canzone del conzalastre le cui strofe recitano:
el conzalastre, caldiere farsore, impiza e distuda ferai (veloce)
el conzalastre, caldiere caldiere farsore, impiza e distuda, impiza e distuda ferai (lento)

copìn - collottola (la parte dietro del collo o del colletto, dove la gatta prende con la bocca i gattini e dove gli esseri umani prendono l'ospite indesiderato prima di sbatterlo fuori a calci in culo

copo - tegola o "te copo"= ti uccido

corame - cuoio

crachi - garrette arti (gambe e braccia); famose le frasi:
distirar i crachi = andare a dormire
e tirar i crachi = morire

cragna - sporco nero

crazola - era quello che in italiano si chiamava raganella, ovvero un attrezzo per fare rumore, un attrezzo di legno con un manico che terminava in una specie di ingranaggio e un listello che batteva sui denti de quest'ultimo come lo si faceva girare. Poi, un po' pervia del tipico rumore e un po' pervia dell'incertezza che girava attorno al suo funzionamento, il termine è passato ad indicare le automobili scassate

crepi - piatti

criel - scolapasta

crodiga - pelle del maiale usata per fare la minestra (buccia di maiale)
si dice crodiga di persona poco onesta

crozole - sandali di legno
oggi si usa definire crozole un paio di scarpe rudi, grosse, pesanti, tozze, vistose

cruco - tedesco

cruziar - tormentare qualcuno
oppure preoccupare (no farme cruziar = non farmi preoccupare)

cruziarse - preoccuparsi (cruziarse l'anima = preoccuparsi tanto)

cucàr - guardare, sbirciare

cucer - autista (v.anche sofer o safer)

cucherle - lo spioncino della porta

cucuruz - granoturco

cudic' - diavolo

cùguluf/cugluf - tipo di panettone con un buco in mezzo


D

daur - culo

dindio - tacchino

discolo - birbante "no far el discolo" non fare il birbante

disfrizer - friggere

dismisiarse - svegliarsi

dispicar - staccare

dremch/trench - l'impermeabile (vestito)

dura - v. bala


E

erbeta/arbeta - barbabietola


F

falisca - scintilla

farsora - padella (quella per far da mangiare, non quella ospedaliera!!!)

feral - fanale, lanterna

fiapo - floscio

fiepa - seme della zucca e del melone
oppure anche la patata (non il tubero però … !!!)

filovia - filobus

flaida - vestaglia, usato anche per dire di un vestito lungo e malconcio

fliche/flichete - soldi/soldini, lirette

flit - insetticida (DDT)

flozca - schiaffo o sculacciata

fogolér - focolaio, dove nelle case di una volta si bruciva la legna per cucinare e per riscaldare

formentòn - mais una volta si usavano le foglie del mais per fare i bigodini

fraier - uomo libero, uomo che non ha nulla da fare, benestante (sicuramente dal tedesco “frei Herr”)

freschìn - puzza di pesce marcio

fritolin - rosticceria di soli prodotti ittici , ristorazione di pesce fritto

frize - rimasugli di frittura del lardo

fulminanti - fiammiferi


G

ganasse - guance

gardèl - cardellino

gargato - gargarozzo, gola

giribìz - capriccio

globìn/glubìn - lucido per scarpe

gloriet - gazebo

gnampolo - sempliciotto, scemottoo (in senso benevolo ed affetuoso usato per i bambini) in pratica uno scemo che dorme in piedi

gòlas - spezzatino di carne, stufato di carne

gorna - grondaia

grembano - sasso ma anche persona goffa
pl. grembani strada dissestata (son 'nda con l'auto pei grembani)

grìes - semolino

gringola - eleganza

grua - gru

(el) gua - arrotino

guato - "ghiozzo", tipo di pesce


I

imbombì - intriso, zuppo

imborezà - eccitato, arrapato

imbugnido - otturato (el lavandin imbugnido = il lavello otturato)

incandì - dalle reazioni torbide per il freddo o altro

incicararse - ubriacarsi

indindià - dicesi dell'uovo di tacchino fecondato

indivia - verdura come la cicoria

indormio - sonnifero, anestesia

infinocià/infenocià - persona che è stata convinta in qualche imbroglio, come dir inzinganà

infinociar/infenociar - gabbare

ingalà - propriamente dicesi dell'uovo di gallina fecondato
ma usato anche per indicare una persona galvanizzata da qualche evento o semplicemente canterina da effetto etilico

instalador - idraulico

intardighirse - fare tardi

inzinganà - persona che è stata raggirata

inzinganar - tentare di raggirare qualcuno

inzumbà - bagnato, inzuppato, v. imbombì solo riferito a cose piuttosto che a persone


J

jazado/jazà - ghiacciato

jazar - ghiacciare iera tanto fredo che se ga jazà un muss = modo di dire per esprimere un freddo glaciale, è infatti nota la resistenza al freddo del somaro.

jazo - ghiaccio


L

lais - pidocchio

lavandera - lavandaia (quella che faceva la "lissia" ossia il bucato)
(v. servizio)

làvarno/làverno - alloro

lecherle - lecchino (dispregiativo come "leccaculo" o peggio ancora "can de lecherle")

lepi - le cispe degli occhi

limpida - grappa

lissia - bucato (v. sopra "lavandere")

lofio - che non serve a nulla o rotto, guasto o brutto o stupido, scemo

loica - tiritera, discorso lungo e noioso

lola - sbornia

lole - scemo

longa - organo sessuale maschile

ludame - letame

ludro farabutto, furfante

luganiga - salsiccia (propabilmente da lucania, zona dove in antichità si producevano le migliori salsicce)


M

macaco - iel macaco è un tipo di scimmia ma in triestino lo si usa per dire "scemo" (anche macacovez o macacovic' )

magagna - fastidio, acciacco. Te son pien de magagne

malagrazia - dispetto, cattiveria oppure "farghe la malagrazia" o "darghe una malagrazia" = fargli la fattura

malandrin - farabutto, furfante

mamolo/mamola - fidanzato/fidanzata

mamulo - ragazzotto

mandriol - maggiolino famoso un ritornello popolare che recita sulle note dell'opera "Wien bleibt Wien": "molighe el fil che'l svoli, quel mandriol peloso ..."

marangòn - falegname

marcantogno - persona grande e grossa

Marco Caco - vecchissimo, fuori moda (anche Marco Sventola)

marmaia - tanta gentaglia, gruppo di monelli

marogna - scarto

matavilz - "valerianella" una verietà della pianta della valeriana

mela - grosso mozzicone di sigaretta, sigaretta spenta ma fumada poco

memele - merda

mendaressa - antico mestiere della rammendatrice, sarta specializzata

meza lana un bicchiere con metà vino bianco e metà vino nero
usato anche un pò come a Roma si usa il termine coatto

meza menola - persona magra, mingherlina

mezanosa - cappello a bombetta

meza vigogna - cosa di scarso valore o persona mediocre

mignognole - moìne

mincionar - prendere in giro

mismas - miscuglio, anche cocktail

mistro - mastro

mistro de fero - fabbro

monighela - il due di spade (che si differenzia dal "do de cope" che invece è quello che ti da una donna quando ti liquida e non si becca più el "do de spade")

montura - divisa

morbin - allegria, buon umore (fin che dura la gioventù, dura el morbin)

mufo - giù di corda

musina - salvadanaio

mussato - zanzara

mussolo - mollusco bivalve ( v.servizio )


N

nagana - principalmente è la fiacca, la stanchezza (gaver nagana), ma si usa anche per indicare quel tipo di persone che i romani definiscono coatta

nane - persona sempliciotta si dice anche Nane Buseca

napa - la cappa sopra il focolaio (oggi sopra il piano cottura)
si usa dire che uno ha la napa quando ha un grosso naso

nonzolo - il servo del prete, sagrestano, chierichetto
oppure per persona scema e che fa tutte le sciocchezze gli vengono dette di fare


O

ocagine - stupidità

oieto - radicchio di primo taglio, piccolo piccolo

ombolo - lombo

orbitolo - serpentello meglio conosciuto come "orbettino"

orzar - bastonare qualcuno, picchiare

osmiza - osteria di campagna

osso rabioso - tibia, così chiamato perchè causa una grossissima arrabiatura per il fastidioso ed intenso dolore che causa quando viene colpito.
o malleolo, così definito in quanto rappresenta la parte del colpo che colpisce il sedere del malcapitato (di solito un bimbo) che ha causato una arrabbiatura al genitore.

otavo - tipico bichiere dove si serve il vino sfuso (da 1/8)


P

pagnerol - passero

paiola - forfora

palesar - raccontare

pampalugo - sciocco, scemo

pandolo - anche se oggi viene usato quasi esclusivamente per indicare l'organo maschile, il "pandolo" in verità è un gioco fatto con due bastoni, un lungo e l'altro corto; al corto vengono fatte le punte da ambo le parti; per giocare si mette il bastone corto a terra e lo si colpisce con il bastone lungo per farlo saltare cosicché quando è in aria gli si da un colpo al volo. Vince chi lo lancia più lontano.

pandùr - quei mascheroni che venivano messi sopra le porte a simbolica difesa (in ungherese pandùr significa soldato)

pantalena piccolo mollusco che si attacca sugli scogli, col guscio a forma di piattello, molto frequente sugli scogli dell'Istria

papussa/papuza - sost.: ciabatta verbo: va via ! (imperativo)

pardesus - soprabito

pareciar - apparecchiare

parecio - servizio di piatti

patacarse - sporcarsi il vestito durante il pasto

patacòn - grossa moneta, grossa patacca senza valore
usato anche per indicare un qualcosa di brutto, inutile ed ingombrante allo stesso tempo

pataf - sberla

patoc/potoc - rigagnolo, fiumiciattolo, rio

paver - stoppino

pec/pek - panettiere

perlina - scaldaacqua per la cucina

pesterna - bambinaia, oggi si potrebbe usare per le baby sitter

pesternar - sbracciare un bimbo per farlo addormentere

petès - bibita alcolica ma scadente

petessòn/petessèr - uno che ama bere tanto alcol, ubriacone

pezòto - vestito scadente

picapiere - scalpellino ( v.servizio )

pimpinela - coccinella dicesi anche di persona insulsa, scema

pio-pio/pipiu - paura, fifa

piria - imbuto dicesi anche dell'ubriacone (el xe una piria = è un ubriacone)

pirola - pillola, pastiglia

pirulik - piccolo tappo, tipo quello per la camera d'aria della bicicletta

pirulichi - lanuggine, filamenti di polvere

pisdrul/pizdrul termine afettuoso per dire bambino piccolo, bambinello

pissiol/piziol - ceci

pitèr - vaso per fiori e piante

pitima - persona che si demoralizza facilmente o che rompe insistentemente le scatole

pitocar - chiedere l'elemosina

pitoco - spilorcio

plafòn - soffitto, tetto

plis - felpa

ploc' - pozzanghera o pozza di acqua e fango

plucia - polmone

pluzer/plutzer/pfluzer - borsa dell'acqua calda

provianda - provvista, scorta

puina - ricotta

pulto - pulpito o scrivania


Q

quartier - appartamento


R

rafa - sporco, sporcizia

rampigamuri - bibita composta per metà da grappa e per l'altra metà da vino bianco

ranfàr/rafar - rubare

ranglò/ronglò - tipo di susina, prugna

raspàr - levigare ma anche rubare

ratapalz - randello

remenar - prendere in giro

remenela - dicesi di persona che si diverte a prendere in giro

remitur - gran fracasso o stanza in gran disordine
deriva dal francese "demi tur" che era un comando dato ai soldati i quali per eseguirlo con tutto il loro armamentario provocavano un gran fracasso.

renga - arringa

repete - di nuovo

ribaltavapori - linguella, tipo di pesce molto piccolo

rochel - rochetto del filo da cucito

rochete - fuochi d'artificio

rodoleto - tipo di tramezzino con una o due fette di prosciutto

rodoleto de limpida - grappa servita nel tipico bicchierino piccolo e rotondo

rosignol - usignolo

ruc' - spinta

rucàr - spingere

rucsac/rusac/russac - zaino


S

saiba - rondella di ferro col buco che si usa per mettere sotto la vita prima di stringerla col dado
(un simpatico modo di dire è "el se ga meso la saiba al dito" cioè "si è messo la saiba al dito" per dire "si è sposato")


sacheto - giacca

saliscendi - ascensore

sanza - collina

sariandola - lucertola

sbafada - mangiata voracemente

sbrindolo - il pezzo di spago che avanza dal nodo, brandello

sbriso - trasandato

sbrovà - scottato ustionato

sbrodigar - pastrocchiare, fare un intruglio

sbrodighez - intruglio, pastrocchio

sbrufador - annaffiatoio

sbruma - impasto di pane e teste di pesce che si butta in mare per attirare il pesce

sburto - sporto della finestra

scafa - lavabo della cucina, acquaio
si usa dire che uno ha una "scafa" quando ha una bocca molto larga, molto grande

scagòt - cacarella

scavezzà - storto, rotto

schinco - stinco

s'cinca - bilia per ragioni poco chiare anche ebbrezza
na s'cinca e un botòn = come dire poco nulla
do s'cinche e un botòn = un pugno di mosche

s'ciipauca - molletta, fermacarte

scroc - serratura

scufia - berretto, cuffia

scuria - frusta

sghiribiz/schiribiz - scarabocchio ma anche idea

selegato - passerotto

sèleno - sedano

sèsola - quel cucchiaio ampio che serve per estrarre dai sacchi i piselli, i fagioli, ecc.

sfoio - giornale

sgarar - sbagliare

sgnanfo - persona che parla con voce nasale

siba - stecchetto di lagno, rametto, bacchetta
oggi, nel parlare comune, si usa dire "tirar una siba" per indicare un tiro oun colpo molto forte

sifon - acqua frizzante, selz

sina - rotaia

sinter accalappiacani (famoso il pezzo della canzone "Teresute" che recita: "jera el sinter de Gropada")

sisola - giuggiola

slaif - freno o anche roba di poco valoreo anche donna di facili costumi

slavazòn - acquazzone

slepa - oltre che sberla e grossa fetta, significa anche spighetta

sligoviz - acquavite di prugne

slonz - quantità indefinita di una bibita

slucm - sorso

smir - grasso

smonarse - annoiarsi

sofèr/safèr - autista (v.anche cucer)

sopressar - stirare

sortir - andare fuori, uscire

spacher/sparcher - cucina economica, anticamente focolaio

spagnoleto - sigaretta

spetime-un-poco - zolfanelli

spoianegà - disperato

spriz - vino ed acqua frizzante

squasi - quasi

stagnaco - secchio

stagno - (aggettivo) dicesi di cosa a tenuta stagna

staufer - ferro per il caminetto

stifel - quel grande bicchiere per la birra a forma di stivale

stifelpuzer - lustrascarpe

strafanic - aggeggio, soprammobile, attrezzo inutile e malconcio
deriva da "extra fanicula" cioè ex voto che si appendeva fuori dai templi, scritti su stoffa che con le intemperie si logoravano inevitabilmente

stramazo - materasso

strambizar - fare o dire stramberie

straco - stanco

stramazo - materasso

strauss - persona ridicola e vestita male, persona balorda

strazacavei - il frutto della lappola, che prende questo nome in quanto piccolo ed acuminato si incastra facilmente tra i capelli dei bambini intenti a giocare nelle campagne o nei prati

strofal - persona maleducata

stropacui - un tipo di bacche rosse selvatiche

stropolo - tappo si dice stropolo anche ad un bambino piccolo o ad un animaletto

stropòn - grosso tappo

strucar - spremere, strizzare

strussiar - lavorare duro

stufadiz - persona che si scoccia facilmente persona noiosa

stupini - bigodini fatti con le foglie del mais

subioto - fischietto ma anche tipo di pasta corta

suf/zuf - miscuglio di latte e farina
si usa dire "te ga fato tuto un suf" per esprimere "hai fatto un gran caos"

suro - sughero

suster - calzolaio v. anche caligher


T

tabàro - cappotto far tabaro: avere un aspetto malaticcio taiar tabari: sparlare

picatabari - appendiabiti

tacomaco - persona attaccaticcia e noiosa
oppure adesivo o cerotto
oppure grosso stemma (tipo i tacomachi che hanno i generali sulla divisa)

talpòn - pioppo dicesi di persona senza grazia e senza delicatezza alcuna

tamìso - setaccio

tampagno dado per vite

tarlis/tarliss - stoffa di jeans, (braghe de tarlis = pantaloni jeans)

tazà - il pesto genericamenta anche l'aggettivo tagliuzzato

tazadora - impasto di prezzemolo, aglio e lardo anche dentiera

tazar - fare a pezzettini

tazar l'anima - attività squisitamente muliebre che di solito comincia subito dopo il matrimonio (e certe volte anche un poco prima) e poi va avanti, avanti, avanti...

telér - intelaiatura di porte e finestre

tira-mola - noioso adirivieni chewing-gum

traversa - grembiule

tocio - sugo

togna/tonia - lenza per pescare a mano

tontonar - dire e ridire sempre la stessa cosa

torziolo/torziolòn - persona che va sempre in giro

tranvai - tram ( v.servizio )

trench/drench - l'impermeabile (vestito)

tresso - traverso
pezzo di legno messo di "traverso" per tenere più rigidi e deritti altri due pezzi paralleli ossia el treso è quel pezzo orrizzontale tra le gambe della sedia dove di solito se usa appoggiare il piede
è famoso il modo di dire "me xe 'ndà per treso" quando il cibo va di traverso

tripa - In piatto: trippa.
Dopo: stomaco e sottostomaco di uomo di mezza età

trombini - stivali in gomma per la pioggia

troso - sentiero di campagna

tubili - persona stupidina e un pò vanesia

tululù - scemo

tumbano - scemo, ignorante

tuss - inchiosto di china





U

ùa - uva

ugnolo - singolo


V

verùl - letteralmente porcello ma si usa soprattutto per persona stupida
è il diminutivo di viru o vèru che in ladino significa porco

vaneza/vanesa - aiuola o pezzo di terra lavorata, maneggio

venderigola - venditrice di frutta e verdura ( v.servizio )

visavì - di fronte

viz -- battuta di spirito

voliga - rete a sacco per prendere i pesci o i totani


Z

zacagnà - rovinato, strapazzato

zampìn - mancino, persona mancina

zavai - grande confusione (da questo termine nasce il vocabolo zavaion per zabaione)

zentinere - centinaia

zibiba - uvapassa

zigala - cicala

zigalòn - che grida sempre oppure i colori zigalòni sono i colori forti e di poco gusto che attirano l'attenzione

zima - cima (z dura, di zurlo)

zima - freddo (z dolce di zio)

zimise - cimice

zinzolar - dondolare, ciondolare

zoco - pezzo di legno (famoso il detto "duro come un zoco" per indicare una cosa molto dura)

zufolà/zufolado - spettinato

zurlo - è l'antico nome della trottola e si dice anche di persona scemotta



CONCLUSIONI

Leggendo la lista qui sopra, qualche triestino avrà sicuramente trovato parole da lui conosciute e magari anche abitualmente usate. Certamente sarà anche vero che moltissime parole erano a lui sconosciute o perlomeno non usate con frequenza.

Quindi considerate che in questa lista potrete trovare di tutto visto che ci sono ancora tanti a Trieste che non sanno neanche cosa sia un "cocal" o una "cogoma" o che tempo fa quando "xe caligo" !!!

Saludo.

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Since: 28/05/2006